Come cambia la tutela dell’investitore con la MiFID II

Dallo scorso 3 gennaio è entrata in vigore la MiFID II, la nuova direttiva europea che vuole regolamentare il livello di trasparenza (e non solo) sui mercati finanziari. Ebbene, uno dei principali obiettivi che la direttiva MiFID II ha meritevolmente posto come principale target è la tutela dell’investitore che per difendersi avrà l’arma di una migliore trasparenza rispetto a quanto non sia avvenuto nel corso del recente passato o in ottica della prima direttiva, soprattutto per quanto riguarda i costi e il ruolo del consulente, che dovrà spiegare se il servizio è su base indipendente o meno.

In aggiunta a ciò, un passaggio che gli analisti hanno ritenuto fondamentale è poi quello della «product governance». Ovvero, il prodotto finanziario quando viene concepito dalla società che lo collocherà sul mercato deve avere già un suo “pubblico” di riferimento, il cosiddetto target market positivo, ma anche uno “negativo”, ovvero il pubblico al quale quel prodotto non può essere in nessun caso venduto.

In altri termini, con le previsioni imposte con la nuova direttiva europea sarà necessario, quindi, che il consulente abbia una conoscenza precisa del proprio cliente: dovrà accertare la capacità del cliente di sostenere perdite e la tolleranza al rischio.

Occhi aperti anche sul fronte dei costi: la direttiva MiFID II ha infatti imposto agli
intermediari finanziari di dare informazioni sul costo del servizio, sul tipo e le modalità di consulenza offerta. Uno sforzo informativo che nella mente del legislatore dovrebbe cercare di porre una maggiore chiarezza rispetto a quanto non avveniva in passato, cercando dunque di ridurre alcune situazioni non particolarmente positive per la tutela degli interessi dell’investitore, ritenuto ancora una parte debole in un mercato così ricco di ostacoli come quello finanziario.

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