Probiotici, il ruolo nel rallentare le malattie neurodegenerative

Alcuni studi sembrano suggerire che i probiotici e i prebiotici potrebbero rallentare la progressione di alcune malattie neurodegenerative. Tuttavia, ci sono dati limitati sui loro effetti negli esseri umani con il morbo di Alzheimer o il deterioramento cognitivo lieve (MCI).

Gli scienziati della Jiangnan University in Cina hanno collaborato per rivedere le prove fino ad oggi. La loro revisione sistematica e meta-analisi appare nella rivista Foods.

Nel complesso, gli autori riferiscono che “coerentemente, i nostri risultati suggeriscono che l’intervento probiotico nelle prime fasi della malattia di Alzheimer, come MCI, potrebbe migliorare la funzione cognitiva e ritardare la progressione della malattia“.

L’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP), un’associazione internazionale senza scopo di lucro fondata nel 2002, definisce i probiotici come batteri viventi “che se somministrati in quantità adeguate conferiscono un beneficio alla salute dell’ospite”. I prebiotici sono un gruppo di nutrienti, o substrati, che favoriscono la crescita del microbiota intestinale. I sinbiotici sono una combinazione di probiotici e prebiotici.

Per arrivare ai suoi risultati, il team ha esplorato diversi database per gli studi pubblicati tra il 1984 e l’inizio del 2021 che coinvolgono soggetti con Alzheimer o MCI. Zhu e colleghi hanno passato al setaccio 294 studi, includendo alla fine solo otto articoli per la revisione sistematica e sette per la meta-analisi.

La funzione cognitiva era il risultato primario di tutti gli studi, misurata dal punteggio del Mini-Mental State Examination (MMSE). I risultati secondari includevano lo stato nutrizionale, i biomarcatori dell’infiammazione, i profili metabolici e lo stress ossidativo.

Ciò premesso, gli autori della revisione hanno scoperto che gli integratori probiotici hanno migliorato la funzione cognitiva nei partecipanti con MCI. Tuttavia, i risultati sono stati meno impressionanti per i partecipanti con la malattia di Alzheimer. Nel complesso, gli autori concludono che “rispetto al placebo o agli interventi di controllo, l’integrazione probiotica ha notevolmente migliorato la funzione cognitiva nei partecipanti con MCI, ma ha causato solo un modesto miglioramento cognitivo in quelli con malattia di Alzheimer”.

Il numero di ceppi probiotici somministrati, il loro dosaggio e la durata del trattamento hanno giocato un ruolo nella misura del miglioramento cognitivo. L’integrazione probiotica ha anche alterato la struttura e la composizione del microbiota fecale nelle persone con Alzheimer.

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